Questi alberi mi adotteranno a poco a poco,
e per meritarlo imparerò ciò che bisogna sapere.
Già so guardare le nuvole che passano:
già so stare fermo e ho quasi imparato a tacere.
Jules Renard
Il bosco è un grande maestro. I suoi insegnamenti sono muti e per esserne degni dobbiamo imparare l’arte del silenzio. Un silenzio non solo esteriore, fatto di assenza di parole, quanto uno stato di profonda presenza intima, che fa spazio e ci permette di accogliere: il nuovo, il piccolo, l’inatteso e l’incanto.
Il bosco è un grande organismo interspecie ricco di infinite connessioni, aeree e sotterranee, che si esprimono in un sottile linguaggio chimico nel quale anche noi umani siamo costantemente coinvolti.
Apparteniamo però al bosco e alla natura non solo con una connessione biologica. Ognuno di noi dà alla sua parte sensibile un nome che ritiene rispettoso della sua esperienza sentimentale del mondo. Anima, spirito, psiche, o tutte queste cose insieme, non è importante. Ciò che conta è che quando entriamo in un bosco camminando lentamente in silenzio, quella parte si attiva, assorbe, ci trasforma.
Cosa, a livello emotivo, psicologico, spirituale (sempre a seconda di ciò ognuno di noi riconosce come proprio) genera quel benessere che, chi è abituato a camminare in un bosco, immediatamente riconosce?
Il bosco agisce sul nostro corpo psico-fisico grazie all’emissione di sostanze chimiche volatili che, inalate, aumentano la nostra risposta immunitaria, ma c’è qualcos’altro, meno facile da descrivere, che ci succede quando, camminando in un bosco, iniziamo a sentirci a casa.
Qualcosa che non parla con il linguaggio della chimica e che nemmeno si esaurisce in un aspetto psicologico. Direi che il suo linguaggio è poetico e la sua emozione, l’incanto. Qualcosa che rompe il tempo lineare e ci riporta in quel tempo ciclico che è la vera essenza della natura. L’anticipo e il ritardo che assillano la nostra esistenza quotidiana qui non esistono, perché non possono essere pensati.
Esiste solo il tempo giusto per godere fino in fondo della bellezza. I sensi, saturati dalle tante informazioni, producono una quiete nella quale la mente, sorpresa dal nuovo, collassa. E lì, finalmente possiamo esistere, in tutta la pienezza del nostro essere.
E’ corretta la definizione di “Bagno di Bosco”, traduzione della parola originaria giapponese Shinrin – Yoku, perché la sensazione è davvero quella di un lavacro, dai pesi che ci portiamo dietro, dai pensieri ossessivi, dalle paure, dallo stress e dall’ansia di vivere. Un ritorno ad un tempo nuovo, intatto, in cui possiamo finalmente scoprire chi siamo “all’origine”.
In quello spazio quieto e gaio si aprono sentieri adatti a noi. Iniziamo a vedere strade e a considerarle percorribili. Soprattutto, grande “magia”, iniziamo a sognare cose buone per noi e reimpariamo a desiderare, che è espressione profonda di una libertà che ci fa divenire protagonisti della nostra vita.
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Foto di Valentina Gonella - Colibrì 2.0 Consulting Factory
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